Introduzione alla lingua vastese
Ray La Verghetta
Il nome della lingua
La lingua che si parla a Vasto si chiama Uâʃtaréule. Il nome della lingua deriva dal nome dell’area in cui si parla – lu Uâʃte (Vasto, in Provincia di Chieti)– detto nella lingua che lì si parla . L’uso del nome risale a circa il sesto secolo dopo Cristo.
Lu Uâʃtaréule come lingua
“Lu Uâʃtaréule” non appare negli elenchi ufficiali delle lingue del mondo. Comunque, non è un semplice dialetto dell’italiano; è una lingua vera e propria. Non appare in questi elenchi perché non è ancora fatta la documentazione necessaria per farla includere. Il criterio chiave per mezzo del quale i linguisti differenziano i dialetti dalle lingue è quello della mutua intelligibilità. A base di questo criterio, la varietà vastese costituisce una lingua vera e propria perché i parlanti monolingui dell’italiano standard non riescono a capirla. È anche così per decine di altre varietà linguistiche che co-esistono con l’italiano standard sulla penisola italiana. Anche se gli italiani si riferiscono a queste varietà linguistiche come dialetti, sono in effetti lingue vere e proprie. L’uso del termine “dialetto” in questi casi è un’imprecisione linguistica che si trova anche in molto lavoro erudito e in molte altre parti del mondo. Per esempio, gli abitanti della terraferma cinese si riferiscono al Mandarino e al Cantonese come “dialetti” del cinese, anche se i linguisti sanno che sono lingue separate, a causa della mancanza della loro mutua intelligibilità. Del caso della penisola italiana, gli studiosi Laura e Giulio Lepschy scrivono, nel loro lavoro La lingua italiana: “Quando si parla di dialetti italiani, non ci si riferisce a diverse varietà di italiano: i dialetti italiani differiscono fra loro, e dalla lingua nazionale, tanto che quelli che parlano dialetti diversi possono non essere in grado di capirsi reciprocamente. I dialetti possono differire uno dall’altro tanto quanto il francese differisce dallo spagnolo, o il portoghese dal romeno, o addirittura l’italiano dall’inglese.” (1)
Dimensione Demografica
Oggi un numero sempre più decrescente di ottuagenari e nonagenari parla “lu uâʃtaréule” in modo monolingue. Un numero abbastanza ridotto di residenti settantenni lo parla in modo bilingue. Molti residenti di mezza età hanno una competenza passiva nella lingua – la possono capire ma non sono in grado di adoperarla in modo attivo o adottano una fonetica diversa da quella tradizionale. I giovani non hanno generalmente competenza di nessun tipo nella lingua.
Rapporto genetico
Lu uâʃtaréule appartiene al ramo romanzo della famiglia linguistica indo-europea. È evoluto negli anni indipendentemente dalle altre lingue romanze che si parlano in Europa (spagnolo, francese, portoghese) e anche sulla penisola italiana, come il napoletano, il veneziano, il calabrese e il piemontese. Questa varietà, come tante altre sulla penisola, non è un semplice dialetto dell’italiano, ma una vera e propria lingua.
Lu uâʃtaréule fra i “dialetti” d’italia
Sulla penisola italiana, lu uâʃtaréule appartiene al gruppo di “dialetti” centro-meridionali intermedi, ovvero: i “dialetti” abruzzesi, pugliesi settentrionali, molisani, campani e lucani. Anche se questi “dialetti” sono piuttosto diversi fra loro, ci sono alcuni tratti comuni che condividono, compresa la neutralizzazione delle vocali finali, seguita dalla loro metafonesi.
Situazione sociolinguistica: multilinguismo e contesti di uso
Lu uâʃtaréule è una delle tante lingue di origine latina sulla penisola italiana ormai in via di estinzione, dovuta all’espansione dell’italiano. Come nella maggioranza dei casi simili, c’è una stratificazione in base all’età che delinea sia l’uso che la conoscenza della lingua: i residenti anziani, quelli sugli anni ottanta e novanta, costituiscono l’unico gruppo cronologico che conosce e usa attivamente “lu uâʃtaréule. Questo gruppo può dividersi in due sub-gruppi: un numero ridotto di parlanti monolingui, che sono di solito i più anziani, ed un numero maggiore di parlanti bilingui (italiano/uâʃtaréule), generalmente ottantenni. I residenti di mezza età hanno una comprensione passiva di questa varietà linguistica: possono capirla quando l’ascoltano, ma la loro padronanza attiva è minima o non-esistente. I giovani per lo più non hanno competenza di nessun tipo della lingua originale. L’uso della lingua da parte degli anziani bilingui si può caratterizzare largamente come diglossico. Lo adoperano primariamente quando parlano in ambienti informali con famigliari, parenti, vicini di casa e conoscenti coetanei. Comunque, nelle loro interazioni con la comunità più ampia, come per esempio quando fanno spese, pagano bollette, o interagiscono con i giovani, parlano italiano.
Situazione sociolinguistica: dialetti
Non c’è mai stata una versione standardizzata di “lu uâʃtaréule”, così che non c’è mai stata una varietà ufficiale. Invece, c’erano molteplici varietà idiomatiche le cui differenze coincidevano maggiormente con i borghi ed i quartieri. In termini generali, una varietà poteva individuarsi nella zona marina, dove la pesca era il modo principale di guadagnarsi la vita. Un’ altra varietà veniva parlata nel centro storico, pieno di botteghe artigiane, come fabbri, muratori, fornai, calzolai, ed altri. In fine c’era una versione che caratterizzava la parlata nelle contrade dove abitavano contadini e ortolani. Queste varietà mostravano differenze fonologiche, morfologiche, ed ortografiche.
Sostrato linguistico
È molto probabile che le lingue di sostrato abbiano esercitato un influsso sulla lingua vastese, maggiormente attraverso il latino. Comunque, è anche verosimile che il vastese stesso rispecchi influssi di sostrato, indipendentemente dall’influsso sul latino. Le lingue di sostrato interessate, cioè quelle che si parlavano nell’area dell’Abruzzo prima del latino, sono quelle osche. (2)