Europa

Belgium
a cura di Paolo Calvano

E` una emigrazione importante quella degli italiani in Belgio sia da un punto di vista qualitativo che quantitativamente: perché se nel 1961 la nostra comunità rappresentava il 44% degli emigranti, nel 1970 erano 300.000 i nostri connazionali. Significativo anche l’impegno che ha caratterizzato gli italiani in questo piccolo paese con importanti interventi nei vari ambiti delle società civile e una partecipazione che ha favorito la progressiva naturalizzazione degli stranieri.
In tutto lo sviluppo del XIX sec. le due categorie più presenti erano i lavoratori manuali (in particolare i cavatori di pietre e gli operai delle ferrovie) e gli esiliati politici fuggiti dall’Italia per le vicissitudini dello Stato. Superato il discrimine della grande guerra in Belgio si stabilisce una folta colonia italiana (30.000), utilizzata come manodopera per l’industria in crescita e per la costruzione dei tracciati ferroviari. Numeroso anche il gruppo di esiliati politici, qui trasferitisi nel ventennio fascista, che dopo aver conosciuto una prima parziale integrazione nella società belga, con l’invasione tedesca subisce la deportazione coatta oppure confluisce, partecipandovi attivamente, nel fenomeno resistenziale. Dopo la fine della guerra inizia un nuovo capitolo dell’emigrazione. Con gli accordi italo-belgi del giugno 1946 vengono preventivati centinaia di migliaia di spostamenti, con la prospettiva dell’utilizzo della manodopera italiana nelle miniere di carbone. Con tali intenti si programma l’arrivo settimanale di circa 2.000 giovani. Un grande affare per l’economia italiana sia per le correlate acquisizioni di carbone che serve alla ricostruzione dell’Italia, sia per le rimesse economiche degli emigranti, sia per rilanciare l’occupazione che è largamente deficitaria all’interno della nazione. Vi sono anche d’altro canto da pagare dei prezzi durissimi per questo impegno: un lavoro disumano nei sotterranei della terra, la prospettiva della silicosi e le condizioni di vita inumane in strutture insufficienti. Gli alloggi inizialmente a disposizione sono le baracche utilizzate dai nazisti per i minatori russi tenuti quasi in servitù. Baracche di legno, di cartone incatramato, di lamiere ondulate. L’arredamento delle “case” è indecente, non adatto ad esseri umani. Questa situazione d’emergenza, nonostante le denunce, permane ben oltre il 1956, quando sono ancora in funzione 2.000 baracche inabitabili.

Emigranti Vastesi nel Belgio anni 50

Lavoratori italiani in una miniera di carbone

Nelle miniere sin dall’inizio vi sono frequenti incidenti mortali che arrivano a superare il migliaio di decessi. Con la tragedia di Marcinelle (262 morti di cui 136 italiani) il mondo viene a  scoprire questo sfruttamento inumano e le condizioni di vita e lavorative dei minatori. Questa data traumatica chiude il capitolo dell’emigrazione ufficiale ma permangono per almeno un decennio gli spostamenti autonomi e molti italiani continuano ad arrivare in questo paese spinti dal bisogno o dalla disperazione.

Elenco dei minatori vastesi operanti in Belgio nel periodo 1950-1965

Altieri Cesario, Baccalà Giuseppe, Bevilacqua Achille.
Bevilacqua Luigi, Bosco Michele, Bozzelli. Carmine, Bozzelli Domenico, Bozzelli Michele, Cicchini Giuseppe, Cicchini Paolo, Ciccotosto Cesario, Ciccotosto Vincenzo.
D’Adamo Giuseppe, D’Addiego Cesario, D’Ad-diego Pasquale, Del Borrello Michele, Del Borrello Nicola, Del Borrello Nicola II, Del Ca-sale Michele, Di Rosso Leonardo, Di Santo Serafino, Di Tullio Luigi.
Farina Antonio, Farina Antonio II, Farina Mi-chele, Florio Michele, Foia Domenico, Forte Antonio.
Gentile Giovanni, Giampietro Giuseppe, Giam-pietro Nicola, Giannone Giovanni, Giannone Giuseppe, Gileno Giovanni.
La Palombara Nicola.
Maccione Michele, Maranca Giuseppe, Ma-ranca Sante, Marchesani Cesario, Marchesani Enrico, Marchesani Giacinto, Marchese Pasqua-le, Marinelli, Marinozzi Pasquale, Marrocco Francesco, Molino Angelo, Molino Carmine, Molino Michele, Monteferrante Cesario.
Passeretto Vincenzo.
Recchiuto Luigi.
Sabatino Nicola, Santomoro Angelo, Scarpone Nicola, Scè Giuseppe, Schiavone Antonio, Sel-vaggio Raffaele, Smargiassi Michele, Spatocco Antonio, Sputore Giuseppe, Sputore Giuseppe II, Stivaletta Michele.
Zinni Giovanni.
(elenco compilato da Smargiassi Michele)

8 agosto 1956 - La tragedia di Marcinelle

Russia

a cura di Paolo Calvano

Quantitativamente è una emigrazione di piccoli numeri. Dai 2.000 del 1871 si arriva fino ai 3.200 del 1891. Gli insediamenti sono concentrati nelle regioni meridionali (2000 presenti solo ad Odessa, nel porto più importante per i collegamenti con l’Europa e il Mediterraneo), sul Caucaso (a Batum nella Georgia oltre 400 connazionali) e nelle città principali: sono 500 a San Pietroburgo e solo 60 a Mosca. Tra il 1900 e il 1904 le ricerche hanno quantificato come ipotesi altri 7.000 arrivi. Molti dei nostri connazionali sono impegnati in genere in mestieri non molto considerati: musicanti, artisti di strada, commercianti di statuette di gesso. D’altro canto è accertato che, agli inizi del sec. XX, nelle grandi città risiedono commercianti, artisti e uomini d’affari appartenenti agli strati più ricchi della società e perfettamente integrati nel mondo russo. A queste presenze stabili bisogna aggiungere un consistente flusso di manodopera stagionale qualificata. I primi migranti sono stati i marinai e i portuali che si stabiliscono ad Odessa dagli inizi del XIX secolo. In seguito molti italiani lavorano nello sviluppo dei tracciati ferroviari e delle infrastrutture, arrivando fino al lago Bajkal e al porto di Tagarong (qui si stabiliscono in un gruppo di circa cento) come operai, marmisti, muratori e tagliapietre. All’interno
dello stato intanto continuano a proliferare i mestieri tradizionalmente attribuiti degli artisti, imprenditori teatrali e musicisti.

Odessa nel tardi 1800

Emigranti italiani nella Russia anni 800

Con lo scoppio della Grande guerra prima, e della rivoluzione bolscevica poi, questo mondo viene spazzato via e sono documentati circa 3.000 rientri di persone e di famiglie che, abbandonando la Russia, perdono completamente proprietà e averi. Alcune migliaia coloro che, nonostante tutto, rimangono, o perché sposati con russi, o perché troppo anziani, o perché impossibilitati a rientrare in Italia, e lo fanno permanendo in situazioni sempre più drammatiche.
Dagli anni ’20 con lo stabilizzarsi della dittatura del proletariato in URSS e delle dittature di destra nell’Europa, si genera un flusso dal mondo occidentale alla Russia: anche per gli italiani si registra una migrazione politica, di esponenti di tendenze prevalentemente marxiste, con conseguenze contraddittorie e spesso tragiche. Illusi dalla propaganda sovietica e dalle pressioni dei propri dirigenti molti giovani antifascisti raggiungono Mosca con la speranza di contribuire personalmente alla costruzione di un mondo nuovo. Degli anni ’30 con l’isolazionismo del paese e l’inizio delle repressioni staliniane cambia la situazione di questi immigrati, che sono stimati in oltre 4.000 unità. Sulle base delle liste epurative compilate dai dirigenti dei partiti occidentali, si effettuano arresti, fucilazioni e deportazioni che proseguono fino al 1944. Militanti comunisti, socialisti e anarchici finiscono così deportati nei lager della Siberia e della sterminata provincia sovietica dove si cerca di far scomparire anche il ricordo della loro esistenza.

Notes

Documents