Un secondo gruppo invece si trasferisce nelle facendas dove gli italiani vengono utilizzati come manodopera schiavizzata (il 1888 è l’anno dell’abolizione ufficiale della schiavitù), isolata dal resto del paese, mal pagata. Innumerevoli gli episodi di violenza, segregazione, limitazione delle libertà personali da parte del fazendeiro che culminano in un fallimento completo dell’esperimento per le ripetute denunce dei consolati italiani e con la fuga verso le città vicine o con il ritorno in Italia. In questo periodo la nostra regione partecipa in modo massiccio all’esodo (oltre il 7 % dei migranti sono abruzzesi). Sin dagli inizi gli italiani che si indirizzano nei grandi centri si specializzano in lavori specifici (muratori e capimastri, commercianti ambulanti e al minuto, gestori di piccole attività di ristorazione, artigiani) dando un’immagine, un’impronta italiana alle città brasiliane. A San Paolo (dove rappresentano quasi un terzo della popolazione) diversi quartieri presentano caratteristiche non genericamente italiane ma regionali. Gli insediamenti sono strutturati in casermoni che racchiudono minuscoli appartamenti in cui abitano 8-10 persone. In seguito i più fortunati riescono a costruirsi delle casette indipendenti.
Dal 1902 diminuisce di molto l’apporto in Brasile dei nostri connazionali per la crisi del mercato del caffè
e per l’intervento deciso del governo Italiano che, visti i catastrofici precedenti, proibisce i viaggi sussidiati. Fino alla fine della Grande Guerra sono poco più di 300.000 gli italiani trasferiti. Se la meta preferita è la città di San Paolo e i suoi dintorni, notevole è la diffusione degli italiani negli stati del Sud del paese (Minas Gerais, Rio de Janeiro, Rio Grande do Sul, Espirito Santo).
Durante il ventennio fascista gli arrivi calano a 88.000 soprattutto per la crisi economica e per la sovrapproduzione di caffè che ne blocca l’esportazione all’estero.
Alcuni emigrati riescono a fare fortuna, nel campo dell’imprenditoria edilizia e finanziaria, propagandando il mito del self made man. Importanti da un punto di vista culturale le pubblicazioni periodiche in lingua italiana sviluppate soprattutto nello stato di San Paolo. Nelle centinaia di associazioni fondate dai nostri connazionale ci si ritrova per riprodurre un pezzo d’Italia nelle tradizioni, nelle manifestazioni religiose, nello sport, e impegnandosi nella beneficenza e nel mutuo soccorso. Sparse in tutto il territorio sono presenti anche filodrammatiche, bande e scuole di lingua italiana. Con lo scoppio delle ostilità quasi tutte queste strutture subiscono un blocco da parte del governo brasiliano che le individua come propaganda dello stato italiano con cui è in conflitto. Iniziano anni pesanti per i nostri connazionali che subiscono anche grosse limitazioni alla loro libertà personale, lavorativa e associativa.
Alla fine della seconda guerra mondiale il Brasile tenta nuovamente di attirare le masse dei nostri contadini proponendo il pagamento del viaggio di andata e favorendo l’istituzione di cooperative agricole (particolarmente significativo è l’apporto di gruppi di abruzzesi in questa nuova colonizzazione agricola) in diversi degli stati della federazione. In questo progetto di coinvolgimento vengono attirati anche tecnici e artigiani. Il tentativo si conclude in tempi brevi con un insuccesso che costringe la maggior parte degli emigranti a rifugiarsi nelle città della costa o direttamente al ritorno definitivo in patria. Dopo il ’60 si registrano poche centinaia di spostamenti che mettono la parola fine a questo esodo epocale.